Domenica 16 novembre 2025, nell’elegante androne di Palazzo D’Amico, a Milazzo, ha avuto luogo la tavola rotonda – organizzata dalle Sezioni di Milazzo e Messina e dal Consiglio Regionale di Italia Nostra Sicilia – nel corso della quale il prof. Guido Signorino e la dott.ssa Anna Giordano, moderati dal vicepresidente regionale Italia Nostra Sicilia Leandro Janni, hanno illustrato i principali motivi di contrarietà al progetto del ponte sullo Stretto (in calce il video integrale).
Il presidente della Sezione di Milazzo e padrone di casa, Guglielmo Maneri, ha ricordato come l’area di Milazzo sarebbe pesantemente coinvolta in caso di realizzazione dell’opera, richiamando l’attenzione sul fatto che ben 12 milioni di m³ di inerti dovrebbero essere smaltiti: una parte transiterebbe dal porto di Milazzo per raggiungere le cave di Venetico e Villafranca, mentre un’altra verrebbe conferita al largo dell’Area Marina Protetta di Capo Milazzo.
La presidente di Italia Nostra Messina, Annalisa Raffa, ha condotto una riflessione sull’area dello Stretto come paesaggio da custodire richiamando la campagna nazionale “paesaggi sensibili” che nel 2008 la sezione ha dedicato proprio allo Stretto. Si è poi soffermata sull’inserimento dello Stretto nella Carta Regionale dei Luoghi dell’Identità e della Memoria (Carta Regionale LIM), fatto di grande importanza perché “pone i presupposti per scongiurare il rischio di stravolgimento o cancellazione” riconoscendolo come “insostituibile patrimonio di identità e memoria culturale”. Infine, ha commentato i tre spot audiovisivi sullo Stretto realizzati dalla sezione nell’ambito del progetto Leggere il Paesaggio con la finalità di restituire l’unicità e la bellezza dell’area dello Stretto e di promuoverne la conoscenza.
Il vicepresidente regionale di Italia Nostra Sicilia Leandro Janni ha poi sottolineato come la politica e il dibattito pubblico ignorino – di fatto – la complessità dello Stretto di Messina, non solo dal punto di vista ambientale, ma anche come sistema di comunicazioni, sostituito da una semplificante e illusoria “idolatria del ponte”. Quindi ha ricordato le parole di Antonino Spadaro: “I territori non si salvano dall’alto. Si rigenerano con politiche di cura, con processi partecipati, con la valorizzazione del patrimonio esistente. Lo sguardo tecnocratico tende a vedere nel Ponte un “correttore” delle distorsioni, ma in realtà potrebbe diventare un sipario che le copre, lasciando intatto il modello di sviluppo che le ha generate”. Leandro Janni – da tecnico – ha poi evidenziato il “caso” del ponte sullo stretto di Akashi: un ponte pensato e costruito per il traffico stradale e per il traffico ferroviario, con una campata centrale di 1991 metri, dunque nettamente inferiore a quella prevista per il ponte sullo Stretto di Messina (3300 metri).
Nel ponte giapponese, però, subito dopo l’inaugurazione e il passaggio del primo treno, si è dovuto rinunciare al traffico ferroviario perché le sollecitazioni generate dal passaggio treno – appunto – avrebbero fatto collassare il ponte. Janni ha infine sottolineato il fatto che affidare al ponte sullo Stretto di Messina la funzione di “panacea” rischia di trasformarsi in un alibi per non affrontare le questioni più profonde: la governance, la tutela e la messa in sicurezza del territorio, i servizi essenziali, la mobilità locale, il rafforzamento del tessuto sociale.
Il prof. Guido Signorino dell’Associazione Invece del Ponte, tralasciando volutamente l’insensatezza economica dell’opera, ha richiamato il funzionamento gerarchico dei sistemi giuridici: le leggi comuni sono subordinate alla Costituzione, che a sua volta è subordinata alle norme europee e ai trattati internazionali. I pareri tecnici non possono essere rimpiazzati da valutazioni politiche, poiché il rispetto delle regole è fondamento di ogni democrazia. Nessuno può arrogarsi un potere assoluto, né può esserci la dittatura di una minoranza che, pur avendo conquistato una maggioranza parlamentare, governa contro tutti gli altri.
È proprio ciò che ha tentato di fare il governo, e sono questi i principi ristabiliti dalla Corte dei Conti, che non è certo un organo deputato alla verifica di meri conteggi aritmetici.
Il progetto, inoltre, non può essere considerato definitivo, poiché già la fase esecutiva evidenzia modifiche sostanziali – non marginali – sia tecniche che economiche.
Sono 151 le criticità sismico-tettoniche non considerate.
La faglia calabrese, ritenuta attiva dagli esperti e soggetta per legge a un’inedificabilità assoluta di 80 metri, è stata dichiarata politicamente inattiva e si vorrebbe collocare il pilone calabrese a soli 20 metri da essa. Una faglia è uno strappo della crosta terrestre: anche se fosse inattiva, non può reggere le fondamenta di un pilone alto quasi 400 metri. Basta questo dato per comprendere che gli appalti sono stati avviati senza un vero progetto di massima, ma solo con un modellino.
Il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ha contestato l’insufficienza dei cavi (due per lato, da 1,26 m di diametro), giudicati incapaci di sopportare le sollecitazioni previste. La risposta è stata che, in fase esecutiva, si useranno acciai “più elastici e performanti” non meglio identificati. Si è evitato di acquisire un nuovo parere tecnico e si è proceduto attraverso l’approvazione di un organo politico, con una legge ad hoc illegittima, poiché i pareri tecnici spettano agli organismi tecnici.
L’aumento dei costi di oltre il 50% del valore iniziale invaliderebbe inoltre le precedenti assegnazioni delle commesse, perché alle nuove condizioni altri soggetti avrebbero titolo e interesse a partecipare.
Anna Giordano del WWF ha ricordato che tutto ciò avviene mentre si lavora per il riconoscimento dello Stretto come Patrimonio UNESCO, che richiede di superare la visione riduttiva dello Stretto come un semplice restringimento del mare, riconoscendone invece la natura di ecosistema complesso e delicatissimo.
Ha inoltre evidenziato la totale assenza di considerazione per le comunità locali: centinaia di famiglie perderebbero l’unica casa di proprietà, non seconde o terze case come talvolta sostenuto, negandone di fatto non solo i diritti ma persino l’esistenza.
Per quanto riguarda la fauna, milioni di uccelli migratori, da secoli attivi su una rotta ancestrale, si troverebbero improvvisamente di fronte due torri alte 400 metri e cavi larghi più dell’altezza di un uomo. Non a caso, è stata violata la Direttiva Uccelli, e malgrado 223 integrazioni, l’UE ha espresso un netto rifiuto.
Le beach rock, rocce pleistoceniche fragilissime e fondamentali per lo studio dei cambiamenti climatici e dell’evoluzione costiera, verrebbero esposte a un inevitabile processo di disgregazione, aggravato dalla presenza dell’immorsamento della trave del ponte a soli 29 metri dal fondo. Su queste rocce vivono i coralli neri, che creano microhabitat vitali per centinaia di specie marine. Coralli che non creano una barriera stabile come nei Mari del Sud, ma precaria, che esiste solo fintanto che i coralli sono vivi.
Sono poi state illustrate le colossali necessità logistiche:
– 20 milioni di m³ di materiale da scavare, che aumentano fino al 50% una volta estratti;
– 1–1,3 milioni di viaggi di camion;
– un consumo d’acqua fino a 40 milioni di litri, sottratti a un territorio già assetato e per fare un’opera così grande che danneggerebbe le falde acquifere;
– siti logistici estesi quanto 264 campi di calcio.
Attraverso lo Stretto migrano anche pesci – compresi i pesci d’ombra che si fermerebbero sotto il ponte – e cetacei, facilmente terrorizzati dalla presenza di una struttura così massiccia. Il caso del capodoglio spiaggiato a Milazzo, di cui resta lo scheletro esposto nelle fortificazioni, ne è un triste monito. Migrano perfino le farfalle, e il ponte interferirebbe anche con queste.
Da qui l’amara ironia dei messinesi, memori della tragedia di Giampilieri e dei continui dissesti idrogeologici:
«Mentre la città frana, loro pontificano!»
Il prof. Signorino ha ribadito che non si possono cambiare i termini di una gara d’appalto dopo la sua conclusione, soprattutto se a beneficiarne è il contraente privato.
Per aggirare i veti ambientali dell’UE si sono invocati “superiori motivi di interesse pubblico”, arrivando persino a chiamare in causa i militari, ma la NATO ha respinto ogni coinvolgimento. Un’altra motivazione possibile – la tutela della salute umana – non trova alcun fondamento.
Grave anche la modifica del modello finanziario: da un progetto pubblico-privato si è passati a un’opera interamente a carico dello Stato, con implicazioni enormi per la spesa pubblica.
L’ultima trovata sarebbe avviare lotti preliminari (scavi, sbancamenti, opere collaterali), così che, anche se il ponte non dovesse essere realizzabile, la ditta appaltatrice resti comunque creditrice dello Stato: se non si può salvare l’opera, almeno si salvino le mazzette.
La neoeletta Presidente Regionale, prof.ssa Nella Tranchina, dopo i ringraziamenti di rito per l’organizzazione dell’evento, ha chiuso i lavori ricordando che la difesa dello Stretto rientra tra i compiti istitutivi di Italia Nostra, in particolar modo adesso nel 70° anniversario della sua fondazione. I convegni conoscitivi sono strumenti indispensabili per formare coscienze libere e dotate di autentica capacità di scelta.
Pertanto, siamo tutti invitati a partecipare consapevolmente alla manifestazione del 29 novembre a Messina, con appuntamento alle 14:00 in piazza Castronovo, contro l’idolo-ponte che, come un vampiro, attacca e divora ambiente e risorse.
Dott. Alberto Limoli
referente EDU Italia Nostra Melilli
fonte: italianostra.org